E così accade che mi chiami un amico, che lavora in una banca di prossimità,…
Ancora tu.
La domanda sorge spontanea: come mai la premier eletta dal popolo parla con un ex-premier non-eletto dal popolo? A tacer del fatto che la Commissione Europea gli richiede un rapporto sulla competitività in Europa che molti farebbero bene a leggere (qui il link https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AT033.pdf), mentre sulla legge di bilancio si va cianciando del ben noto art.53, già ampiamente violato con la flat tax per i lavoratori autonomi e le imprese.
Diciamo pure che il Nostro ci manca assai e probabilmente anche Giorgia Meloni, in un soprassalto di consapevolezza, nelle segrete stanze gli chiede pareri. Il rapporto Draghi è assai ampio e articolato, non merita di essere costretto nelle pagine di una newsletter che, al più, richiama ad approfondimenti e studi personali il lettore curioso, come speriamo che siano i nostri.
Tuttavia, vale la pena soffermarsi su due parole chiave utilizzate nel Rapporto, ovvero investimenti e produttività: gli incentivi agli uni, unitamente alla crescita dell’altra, produrrebbero un circolo virtuoso tale da annullare, in un tempo assai breve, eventuali squilibri aggiuntivi di bilancio. Non pare così semplice attuare questa ricetta dal sapore inevitabilmente (ma non banalmente) keynesiano, se è vero, come ci dice IlSole24Ore della settimana scorsa che gli investimenti in robotica sono calati; e, d’altra parte, gli industriali invocano il ritorno di Industria 4.0 di renziana memoria, dal momento che Industria 5.0., con buona pace del Capitone, è un ingorgo burocratico senza fine, tale da scoraggiare e rallentare proprio la propensione agli investimenti.
Nel mentre leggevo il rapporto Draghi, un valente collaboratore mi ha fatto leggere uno studio dell’Unione Europea sul sistema bancario e sul compimento dell’Unione Bancaria Europea (qui il link https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2024/741527/IPOL_STU(2024)741527_EN.pdf) che afferma che l’Unione stessa ha fallito, testualmente “spectacularly”, proprio nella creazione di un mercato unico del credito.
E quindi, o come direbbero gli anglosassoni, so what?
Ci vogliono più banche che operino cross-border, ovvero che abbiano una dimensione davvero europea, superando le vecchie logiche dei campioni nazionali tanto care al dimenticabile ex-Governatore Fazio. Per operare cross-border ci vogliono due cose, oltre a un certo know-how e ad una spinta a varcare le colonne d’Ercole dei patrii confini: ci vuole la dimensione e ci vuole che i Paesi interessati operino secondo il principio del mutuo riconoscimento e della libertà di insediamento che è alla base dell’Unione Monetaria. La dimensione Unicredit ce l’avrebbe e ritengo anche le carte in regola per fondersi con Commerzbank: ma il cancelliere Scholtz al momento è fermo al pensiero di Fazio e probabilmente il tutto sarà ritardato più di quanto i tempi del mercato vorrebbero. Ma la direzione è quella e dobbiamo farcene una ragione. Perché anche quei gruppi e quelle banche, significant ma di media dimensione, dovranno chiedersi cosa vogliono fare da grandi, anzi, da più grandi.
Piccolo non è più bello.