E così accade che mi chiami un amico, che lavora in una banca di prossimità,…
Dormire nella paglia.
Mentre si discute del fatto che il nuovo Regolamento sui requisiti di capitale delle banche vada a rimaneggiare un argomento già ampiamente trattato dalla MCD (Mortgage Credit Directive), contemporaneamente al fatto che gli Orientamenti EBA-LOM abbiano già posto i flussi di cassa al primo posto, rispetto alle garanzie reali; mentre, insomma, la questione pare più una vicenda da mutui per l’acquisto di beni immobili, ad uso residenziale e non, ecco che ti arriva la CRR3 (o Basilea IV) e qualcuno “dorme nella paglia”, come si dice da queste parti. Dorme, come Ciccio di Nonna Papera (uso nascondersi nel pagliaio piuttosto che all’aperto) perché operativamente non c’è dubbio che la parte più significativa del lavoro toccherà a chi di mutui si deve occupare.
Ma non si vive solo di mutui e la CRR3 discetta -e regolamenta pure- in ambito di rating per le imprese. È interessante annotare infatti che, nonostante siano mantenute le distinzioni tra esposizioni al dettaglio ed esposizioni IRB, il metodo di valutazione si affina anche per le prime, poiché si intende mantenere lo stesso fattore di ponderazione allo stesso insieme di esposizioni. Il legislatore europeo, constatato che la maggior parte degli Istituti di Credito operanti nella UE utilizza metodi basati su modelli IRB (internal rating based), delibera inoltre che, al fine di migliorare la capacità di lettura del rischio di credito, ovvero “la qualità creditizia dell’impresa debitrice”, essi dovranno combinare l’uso dei modelli, attuando il c.d. “output floor”, ovvero aggiungendo all’approccio IRB quello noto come SA-CR che si basa sulle valutazioni fornite da agenzie esterne riconosciute (ECAI). Come annota il Regolamento, “la maggior parte delle imprese dell’Unione non si avvale di rating esterni” e pertanto, al fine di evitare indesiderati effetti di credit crunch, si renderà opportuno prevedere un adeguato periodo transitorio.
Il tema in questione, passato sotto silenzio, stante la preminenza, assegnata dai commentatori, alle modifiche in materia di assorbimento di capitale da parte dei mutui ipotecari, è in realtà dirompente e rivoluzionario: nel mentre, obbliga le banche a fare proprio l’approccio output floor e mette tutte le imprese, specie se PMI, in condizioni tali da non poter evitare l’assegnazione di un rating esterno.
Qualcuno ne ha parlato alle imprese? Ne dubito, la loro lettura essendo quella di leniniana memoria “Che fare?” Le banche ne parleranno alle imprese: forse, più avanti, a quelle di maggiori dimensioni. E per tutte le altre? Per tutte quelle PMI, praticamente tutte, che ancora pensano che l’obbligo degli adeguati assetti sia un’invenzione del legislatore per fare guadagnare di più ai commercialisti, presto o tardi si porrà un bivio: o adottare gli adeguati assetti e mettersi nelle migliori condizioni per essere giudicati da un rating esterno alla banca, oppure rischiare il credit crunch, non solo nella forma di minore credito, ma di credito più caro. Caro, per ora, è anche il ricorso al rating esterno fornito dagli ECAI riconosciuti: ma non devo insegnare io il mestiere di lobbista alle associazioni di categoria, oltretutto in tempi di digitalizzazione. Temo che, come sempre, arriveremo all’ultimo miglio con i compiti ancora da fare. Molto italiano, molto Orietta. Bene così.