E così accade che mi chiami un amico, che lavora in una banca di prossimità,…
Perché i salari non crescono?
Questa domanda se la facevano anche i Giganti, (in fondo, come sempre, trovate il link che accompagna la newsletter) quando cantando, nei favolosi anni sessanta “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” dicevano, per esempio:
“Me ciami Brambilla e fu l’uperari, lavori la ghisa per pochi denari Ma non c’ho in tasca mai la lira per poter fare un ballo con lei.
Mi piace il lavoro, ma non sono contento, non è per i soldi che io mi lamento. Ma, questa gioventù, c’avrei giurato che m’avrebbe dato di più”.
Potrebbe essere la canzone di un emergente dei giorni nostri e non sarebbe inattuale, se non forse per ritmi e la melodia. Ma tutto sembra appartenere all’attualità, dai salari troppo bassi alla great resignation: ovvero non ho i soldi per andare a fare un ballo con lei, ma speravo che l’essere giovane, con tutto il desiderio di vita e di pienezza che si porta dietro, trovasse risposta alle mie domande.
Un bel groviglio di contraddizioni.
Ed è anche per questo che, a quanto leggiamo nelle cronache, i giovani si pentono delle grandi dimissioni e vorrebbero tornare indietro: se non hai un senso per il tuo lavoro, per la tua vita, non lo troverai certo cambiando lavoro, così come non si trova l’amore cambiando mogli o mariti e divorziando in continuazione.
Però…però c’è anche la questione dei salari, non solo tra i più bassi d’Europa ma anche tra quelli che crescono di meno. E se tutto era (forse) sopportabile in tempi di bassa inflazione, comincia a non esserlo più in tempi di inflazione che se non morde come negli anni ’80 (favolosi solo per qualcuno) fa sicuramente male a chi entra nel mercato del lavoro adesso, ha fatto un mutuo, incomincia la vita adulta.
La sensazione che mi pervade è quella che chi paga poco lo fa perché l’impresa non sta in piedi. Poi, certo, ci sono i predatori: ma non credo che siano la maggioranza
Mi sto convincendo sempre di più che ci sia un’Italia a due velocità, ma non quella del Nord e quella del Sud, secondo uno schema ormai obsoleto e che non spiega più nulla, ma quella delle imprese medie e grandi, che crescono, che attraggono talenti e che li pagano, che lavorano nei settori a più alta crescita e valore aggiunto; e quella delle PMI, dei self employed, che non riescono a pagare di più, anche se volessero, perché questo farebbe affondare i loro conti.
Forse la difficoltà è qui, nel rendersi conto che certi business model legati ai settori tradizionali di appartenenza dell’impresa italiana (compreso l’essere i terzisti della Germania) hanno il fiato corto e lo avranno sempre di più, in un mondo che spinge verso la concentrazione e la grande dimensione: e, forse, se le banche facessero di più il loro mestiere e non quello di tenere in vita le imprese zombie, quelle già evocate del Gruppo dei Trenta, il mercato si ripulirebbe un po’.
Come affermavano Rajan e Zingales (Chicago University) nel loro fondamentale lavoro “Salvare il capitalismo dai capitalisti” le banche dovrebbero fungere da becchini del sistema economico: ma se i cadaveri vengono lasciati in giro e non ci sono neppure i monatti…i salari non crescono. Perché ci sarà sempre qualche impresa marginale che pure di rimanere su un mercato che dovrebbe espellerla, pagherà salari di ingresso vergognosamente bassi.
E destinati a rimanere tali.