skip to Main Content

Pressing

Il Codice della Crisi tarda ad alleggerire i tribunali fallimentari, titola Il Sole 24 Ore in un articolo a firma dell’ottimo Morya Longo. L’articolo, citando una ricerca dell’Osservatorio Cherry SEA, afferma che il numero complessivo delle nuove procedure aperte è aumentato del 9%, sommando le liquidazioni giudiziali ai fallimenti preesistenti alla riforma del nuovo CCII. Questo è certamente dovuto all’aumento dei tassi e all’economia che rallenta”, sostiene il giornalista, con un’affermazione sommaria che andrebbe spiegata un po’ meglio. Non sono un fan della signora Lagarde, che probabilmente poteva gestire meglio la crescita dell’inflazione, alzando comunque i tassi un po’ prima di quanto abbia fatto; resta che non si vedono molte alternative per abbassare l’inflazione, oltretutto unico obiettivo della BCE se non quella di alzare i tassi di interesse. Ma dire che i tassi di interesse siano colpevoli della crescita dei fallimenti mi pare una semplificazione giornalistica eccessiva, che non spiega, ad evidenza, che se i tassi di interesse sono un problema lo sono per quelle imprese marginali, già molto indebitate e il cui Ebit mal sopportava, anche in precedenza, il peso degli oneri finanziari (vedi importanza dell’ICR).

Resta che le procedure previste dal nuovo CCII tardano a decollare, replicando una situazione già vista nella precedente riforma del 2005. Come spiega Giacomo Fava, Lead AI Engineer in Cherry, “dai dati notiamo anche come alcuni tribunali abbiano abbracciato il nuovo Codice della Crisi più rapidamente di altri che, a quasi un anno di distanza dal varo della nuova legga, iscrivono a ruolo ancora nuovi fallimenti come strascico del grande carico accumulato negli anni precedenti”. Resta da capire se il mancato alleggerimento -e dunque il pressing- sui tribunali sia stato causato dai tribunali stessi, costretti a chiudere durante il Covid, impossibilitati a dichiarare fallimenti nello stesso periodo e, infine, ritrovatisi a gestire il termine della CIG straordinaria e delle moratorie, fattori che certamente hanno ritardato la constatazione dello stato di crisi di molte imprese.

Ma, soprattutto, resta da capire quanto abbiano influito sui ritardi al decollo del nuovo CCII i due principali protagonisti dell’economia, gli imprenditori e coloro che li finanziano, le banche. I primi, come sempre restii a comprendere che le soluzioni prospettate dal nuovo CCII non affrettano la morte dell’impresa ma cercano di salvaguardarla dallo spezzatino che, inevitabilmente, fallimento o liquidazione giudiziale che sia, è l’esito di un dissesto annunciato; le seconde perché ancora non hanno compreso che, per usare le parole della Suprema Corte di Cassazione, la via maestra per evitare la contestazione in sede giudiziale della concessione abusiva di credito è quella di “avviare alle procedure concorsuali” le imprese tempestivamente.

Soprattutto queste ultime, mostrano, purtroppo, tutte le lacune in tema di capacità gestionale tipiche delle PMI ma non solo: la recente sentenza di condanna del Tribunale di Cagliari, comminata ad un’impresa in bonis, per mancata adozione degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili dovrebbe far riflettere non solo gli imprenditori, ma le stesse banche, su una tipologia di rischio legale finora non considerata.

Infine, se si vuole alleggerire il pressing sui tribunali, si deve comprendere che la questione, prima ancora che tecnica, è culturale, e riguarda sia le imprese e chi le assiste contabilmente, sia le banche, che dovrebbero cominciare a considerare nelle “barriere all’entrata” fissate dagli Orientamenti EBA-LOM anche l’esistenza o meno di un impianto amministrativo che giustifichi l’esistenza degli adeguati assetti.

Trop vaste programme? Chiedere al Tribunale di Cagliari.

 

P.S.: si potevano scegliere sugli ultimi 5 derby vinti, molte foto. Ma questa è più “gradevole” perché ricorda la semifinale di Champions.